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IRCANA IN JULFA | 391 |
Zulmira. Toglierci sol potrebbe da tal dubbiosa sorte
Cercar più cautamente della schiava la morte.
Kiskia. No, non parliam di morte. Prima tentar si può
Di vincerla coi doni, pregarla...
Zulmira. Oh questo no.
In Faccia di colei non mi vedrete umile.
Pria morir, che discendere ad un’azion sì vile.
Kiskia. Pria morir, che pregare? Questo è un puntiglio vano.
Pria di morire io prego tutto il genere umano.
Zulmira. Eccola.
Kiskia. E in ricche spoglie; donde può averle avute?
Zulmira. Demetrio alla sua vaga le averà provvedute.
Vo’ che m’oda l’ingrato, ragion vo’ dell’affronto...
Kiskia. Eh tacete, Zulmira, che vi tornerà conto.
SCENA IH.
Ircana ne' suoi abiti alla Persiana, e dette.
Kiskia. Scordati del passato. Vogliamo essere amiche.
Zulmira. Amica non mi speri chi ha il cor di mio marito.
Ircana. Il tuo parlar, Zulmira, sempre non fia sì ardito.
Kiskia. Dirlo vuoi a Demetrio? Deh pregoti tacere.
Zulmira. Parla pur, se ti aggrada.
Ircana. Io farò il mio dovere.
Kiskia. Veggo che hai cor pietoso; taci, se umana sei.
Odi di Kiskia i voti.
Zulmira. Ma non sperare i miei.
Ircana. (Credea di me non fossevi donna al mondo più altera.
Consolomi veggendo donna di me più fiera.
Ma posso in tal confronto vantar per mio conforto,
Ch’io con ragion mi sdegno, ch’ella si sdegna a torto).
da sè