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378 ATTO QUARTO
Demetrio. Alla bella, alla saggia, che ha nelle luci il dì,

Alla superna Ircana scrive e si prostra Alì.
Ecco l’usato stile de’ persian scrittori,
Anche i saggi, per uso, deon far gli adulatori.
Merti, Ircana, ogni lode, ma al tuo stato presente
La pietà è necessaria, non la lode eccedente.
Ircana. Tamas è di qua lungi? (a Bulganzar
Demetrio.   Le luci a me rivolta.
Quel che contiene il foglio a te diretto, ascolta.
Le gioje tue ti rende un cuor di te pietoso;
Mandati le tue spoglie, procura il tuo riposo.
Spera che per te il fato potrà cambiarsi un dì.
Fui di Tamas amico: tal sarà sempre Alì.

Ircana. Fido cuore, bell’alma, specchio d’amor, di fè?
Tu la pace mi rendi... oh Dei! Tamas dov’è?
(a Bulganzar
Bulganzar. Ve l’ho detto tre volte, e lo dirò la quarta:
È in un bosco vicino.
Ircana.   Reca a lui questa carta.
(la leva di mano a Demetrio
Di’ che ricerchi Aliì, che torni al lieto avviso...
Ma che a mirar non torni della rivale il viso.
Di’ che attenda l’amico. Ad Ispaan ten riedi,
In nome mio costanza al tuo signor deh chiedi.
Rammentagli del cuore la debolezza antica.
Ah sedur non si lasci dal duol della nemica.
Non vorrei che celasse questo foglio un inganno.
Tutto temer son usa, tutti tremar mi fanno.
Misera m’han voluto finor le stelle ultrici;
Discernere non vaglio dai nemici gli amici.
Fido Alì mi lusinga; Tamas fedele io spero;
Ma la mia speme è incerta, ed il mio duolo è vero.
Bulganzar. Ma che maniera strana di tormentar voi stessa?
Demetrio. Modera in sen la pena, che t’ha finora oppressa.
Troppo sperar non lice, tutto temer non giova.