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368 ATTO TERZO
Carìco. Deh non turbare, amico, con tal consiglio audace,

Quella che noi godiamo, tranquillissima pace.
Non rinnoviamo adesso le memorie passate...
Demetrio. Questi son miei terreni. Ai terren vostri andate.
Ciascun pensi a se stesso.
Carìco.   Andiamo. Ah voglia il Cielo,
Non torni in comun danno di Demetrio lo zelo.
Abbiam finito, amico, d’usar guerriero sdegno,
Or che distrusse il fato de’ nostri padri il regno.
Siam sudditi, siam servi, e rammentar dobbiamo,
Non quel che fummo un dì, ma sol quel che ora siamo.
(parte coi compagni

SCENA VIII.

Demetrio solo.

È ver, perdemmo il regno, ed ogni altro splendore,

Ma non l’antico nome, non la fama, il valore.
L’oltraggio della sorte, il mio destin sopporto;
Ma non soffrirò mai da chi m’insulta un torto.
Merta Ircana pietade, e seco usar la voglio;
Serba in questo il mio cuore giustizia, e non orgoglio.

SCENA IX.

Kiskia, Marliotta, Creona e detto.

Kiskia. Pur ritornaste alfine. Mai più, come in tal giorno,

Bramai di mio germano sollecito il ritorno.
Demetrio. Da qual ragion spronata a desiarmi siete?
Marliotta. Gran cose, signor zio.
Creona.   Gran cose sentirete.
Marliotta. La zia...
Kiskia.   La vostra sposa...
Creona.   Quel grazioso umoretto...