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GIUSTINO | 33 |
Quelle d’un vil pastor1. Il mio Giustino
Non è che un’opra più perfetta e bella
Di provvida natura, il cui potere
Lo stesso è nelle reggie e nelle selve.
Oh! come 2 a tempo tornami alla mente
Parte di ciò che avidamente appresi
Delle sublimi e delle occulte cose!
Sovvienimi ancor che due diversi oggetti
Forza occulta congiunge, ed ecco in noi
Una prova di questa violenta
Forza d’amor soave. Appena il vidi,
Di lui m’accesi, e par mi ben ch’anch’esso3
Si accendesse di me. Come ciò darsi
Potria senza un interno egual principio
Che ad amar ci spronasse? Oh! sorte ingrata,
Non ci tradir! Non disunir due cori
Dall’amore congiunti! E tu4, gran Nume,
Tu ch’oprasti5 il prodigio, i nostri affetti
Serba, feconda, e ne concedi il frutto.
Fine dell’Atto Primo.