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364 ATTO TERZO
Ma nel desio che v’arde, men debole vi bramo.

Se lo sperar più oltre la sorte a noi contrasta,
Bastavi ch’io vi serva?
Zulmira.   Non so che dir. Mi basta.
(Kiskia, Marliotta, Creona escono dal Boschetto, e s'avanzano verso Ircana e Zulmira: le Figliuole dinanzi, la Madre dietro di loro, si fanno vedere, mostrando però di andare pe’ fatti loro.
Creona. Eccola collo schiavo. (camminando
Marliotta.   Tutti li vuol per lei. (camminando
Zulmira. Dove si va, cognata?
Kiskia.   lo vo pe’ fatti miei.
(camminando
Creona. Amante d’uno schiavo I (come sopra
Marliotta.   S’avrebbe a vergognare.
(come sopra
Kiskia. Tacete; in dì di festa non si ha da mormorare.
(parte colle Figliuole

SCENA IV.

Zulmira, Ircana.

Zulmira. Perfida! l’intendesti?

Ircana.   Non vorrei che il suo sdegno
Per voi, per me destasse qualche funesto impegno.
Zulmira. Non temer; mio consorte ama la propria pace;
Sa che non fui, nè sono d’una viltà capace.
Parmi che t’ami anch’egli, e teco, oltre l’usato,
Veggolo, nell’amarti, quant’io forse impegnato.
Non si sdegnò veggendomi teco pietosa, umana;
Questa condiscendenza mi sembrò quasi strana.
E la pietà che teco vidi nel di lui core,
Valse ad assicurarmi, che sei degno d’amore.
Però creder non voglio, che abbia di me lo sposo
Per tua cagion fissato non essere geloso;