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362 ATTO TERZO
Chi pianto non avrebbe, quando lo sventurato

Tamas testé partissi, da me a torto scacciato?
Così l’impegno mio, così volea l’amore:
E se non piangon gli occhi, piange di dentro il cuore.
Qual fine avran gli amori, qual fine avran gli sdegni;
Chi scioglierà di Tamas i violenti impegni?
Quanto durerà il fasto d’una rival Persiana?
Quando sarà felice la sventurata Ircana?
Segua qualunque evento di me, non mi confondo;
Favola sia il mio nome sul teatro del mondo.
Chi mi desia fortuna, chi a me brama ruine,
Faccia i suoi sforzi; e attenda delle avventure il fine.

SCENA II.

Zulmira e la suddetta.

Zulmira. Solo fra queste piante, solo passeggia Ircano?

Perchè attender ti festi da me sinora in vano?
Ircana. Perdonate, signora, se il primo dì in cui servo,
Meno le leggi vostre di quel ch’io debba, osservo.
In avvenir vedrete, che obbediente i’ sono.
Posso sperar da voi perdon?
Zulmira.   Sì, ti perdono.
Ma in avvenir non essere nell’obbedir sì tardo.
Vo’, per esser servita, vo’ che ti basti un guardo.
Non l’averai sdegnoso, non l’averai crudele,
Se mi sarai tu grato, se mi sarai fedele.
Varie donne vedesti in un albergo istesso;
Ma son io che ha l’impero dal1 sposo a me concesso.
Non ti curar di quelli che di poter son vuoti.
Torbida è la cognata, garrule le nipoti.
Volgiti a me soltanto, io quella son cui lice
Aver la sorte in mano per renderti felice.

  1. Così la rist. torinese e le edd. Savioli e Zatta. Nelle edd. Pitteri e Pasquali: da.