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354 | ATTO SECONDO |
Ircana. Male, se ciò credete.
Zulmira. Si conosce dal labbro.
Ircana. Voi non mi conoscete.
Zulmira. (Della cognata in faccia celar deggio il mio foco.
Lo troverò soletto, gli parlerò fra poco.
Da lui cosa non chiedo, che offenda l’onor mio.
Sol esser nella stima preferita vogl’io). da sè
Kiskia. (Parla fra sè Zulmira. Conosco il di lei cuore), da sè
Ircana. (Donne, affé questa volta vuole ingannarvi amore).
da sè
Zulmira. Pensa, Ircano, ch’io sono del tuo signor la sposa.
Non sarò teco austera; non m’averai1 sdegnosa;
Ma pensa, che a me devi il tuo primier rispetto.
Vieni alle stanze mie, vieni a servir. T’aspetto, parie
SCENA VIII.
Kiskia ed Ircana.
Kiskia. L’intendi? Tu l’accendesti, Ircano.
Ircana. Ve lo ridico, il giuro; arde Zulmira in vano.
Kiskia. In vano arder potrebbe donna congiunta, è vero.
Ircana. E libera e congiunta, sarà lo stesso.
Kiskia. Altero!
Sapresti, se li offrissi 2, sprezzar gli affetti miei?
Ircana. Tutto, per aggradirli, quel che poss’io, farei.
Kiskia. Far quel che puoi t’impegni per spegnere il mio foco?
Ircana. Sì, ma quel che poss’io, pel tuo bisogno è poco3.
Kiskia. Vil non rassembri al volto.
Ircana. Schiavo mi fe’ la sorte.
Kiskia. Libero potrà farti l’amor d’una consorte.
Ircana. Libertà con tal nodo da femmina dispero.