Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1927, XXIV.djvu/350

346 ATTO SECONDO
Che quasi tutto il giorno faceva un tal mestiere,

E seco mi faceva fumar le notti intiere.
Zulmira. Io simile follia d’usar non accostumo.
La notte collo sposo io nel letto non fumo.
Kiskia. Non è che un anno solo, che maritata siete;
Cognata, con il tempo anche voi fumerete.
Zulmira. Demetrio sposo mio, vostro fratel, che mi ama,
Che la compagna sua di compiacer sol brama.
Veglia s’io veglio, e dorme se ho di dormir desio.
Kiskia. Così, Zulmira, un giorno, così faceva il mio.
Ma dopo qualche tempo, avuti più figliuoli,
Si principiò a dividere il letto, e a dormir soli;
E se di stare uniti venivagli talento,
Era fra noi la pipa il sol divertimento.
Marliotta. Sentite, madre mia, per me, vi parlo schietto.
Quando che mi marito, non vo’ fumar nel letto.
(a Kiskja
Creona. Ed io, già lo sapete, non voglio maritarmi.
Vo’ andar, quando mi pare, nel letto a coricarmi.
Non vo’ che nell’inverno mi faccian raffreddare,
Non vo’ che nella state mi facciano sudare.
Kiskia. Care figliuole mie, non convien dir così.
Dovrete accomodarvi, quando verrà quel dì.
Le donne son soggette, fanciulle e maritate;
Nè si ha da dir, non voglio; queste son ragazzate.
Zulmira. A voi, vedova, è dato goder la libertà. (a Kitkia
Kiskia. Eh Zulmira, Zulmira, vo’ dir la verità.
È ver, che per lo più sono i mariti strani;
Ma se venisse un altro, lo prenderei domani.
Zulmira. Spento ha la pipa il foco.
Kiskia.   Altro in questa non c’è.
Marliotta. Io di fumar son sazia.
Creona.   Anch’io.
Zulmira.   Venga il caffè.
Chi è di là?