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IRCANA IN JULFA 341
Ircana. Son tua da questo punto. Guidami alla cittade;

Fa di me dò che vuoi; ma salva l’onestade.
Demetrio. Fra noi dee una sol donna bastar a oneste 1 voglie.
Giovane donna e vaga diedemi il cielo in moglie.
Zaguro. Moglie non ebbi ancora. Meco sperar potria
Miglior destino Ircana.
Demetrio.   Chetati. Ircana è mia.
Zaguro. Bene; non ti contrasto il possederla. Addio.
(Ma possederla in pace lasciar non ti vogl’io.
Fatto mi viene un torto, che tollerar non voglio.
Ma sarò in vendicarmi cauto qual essser soglio).
(da sè, e parte

SCENA IV.

Demetrio, Ircana e Bulganzar.

Demetrio. Parte Zaguro, e mostra covar doppia intenzione.

Bulganzar. (Misero! dalla bocca gli han cavato il boccone).
da sè
Orsù, signori miei, vi lascio in libertà.
Prima che ’l dì s’avanzi, ritorno alla città.
Ehi! c’è niente per me? (a Demetrio
Demetrio.   Quel che tu vuoi, ti dono.
Ircana. Vattene per pietade. Signor, chiedo perdono.
Non vo’, per mia cagione, che un sol dinar si spenda.
S’altra mercè pretende, da me, da me l’attenda.
Ti darò le mie vesti, avido, ancor se vuoi.
Mi spoglierò, ribaldo.
Bulganzar.   Tienti gli abiti tuoi.
Credea non oltraggiarti, chiedendo in cortesia
La mancia al mercatante. Non parlo. Vado via.
Se veggo quell’amico, dimmi, ho da salutarlo?
Ircana. Vattene per pietade. Non mi parlar...
Bulganzar.   Non parlo.

  1. Nella rist. torinese e nelle edd. Savioli e Zatta: a nostre.