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312 ATTO QUINTO
Segua l’onesto e ’l giusto. Si sottometta il cuore,

Le tenebre scacciando di un innocente errore.
Dove l’inganno regna, misero l’uom che nasce.
Misero l’uom che apprende falsi principii in fasce.
L’error de’ padri nostri duro è staccar dall’alma;
D’uopo v’è d’un prodigio per ottener la palma.
Ecco per quale via fummo dal Ciel condotti,
Privi di patria e tetto, e in povertà ridotti.
Indi in mercè fors’anco d’esser del vero amici,
Eccoci in miglior stato, ecco siam noi felici.
Zilia. Aza, tu mi consoli. In me cangiando affetto,
Serberò al mio germano obbedienza e rispetto.
Del genitore in vece tu alla germana imponi;
Regola i miei pensieri. Tu del mio cuor disponi.
Aza. Ricco mi fai, germana, ricco mi fai d’un regno,
Se a me l’arbitrio doni sovra il tuo cuor ri degno.
Ne disporrò se ’l brami.

SCENA XIII.

Deterville e detti.

Deterville.   Signor, chiedo perdono...

Aza. Zilia, quel cuor ch’è mio, a Deterville io dono.
Deterville. Come!
Zilia.   Sì, Deterville; Aza è di me signore.
Della germana umile egli vi dona il cuore.
Spiacevi non averlo dall’amor mio soltanto?
Deterville. No, Zilia mia, mi basta di possederlo il vanto.
Della virtude ammiro gli ultimi sforzi in questo;
Dell’umiltà ravviso il pensamento onesto.
Cara, se mia voi siete, che più sperar mi lice?
Signor, grazie vi rendo, voi mi fate felice.