Aza. Lo vedo.
Kanich. Aza, la man baciarti per riverenza io chiedo.
Figlio del mio signore, del nostro Re sei nato;
Venero il sangue illustre ancora in umil stato.
E men saprò lagnarmi contro la sorte ultrice,
Se almen veggo in Europa il mio signor felice.
Aza. Qual è il tuo stato?
Kanich. Io servo.
Ricadon. Mio amico è il suo padrone.
Ch’egli venisse meco, gli diè la permissione.
Aza. Zilia tu non servisti? (a Kanich
Kanich. Sì, con amor, con zelo.
(a Kanich
Deterville. Torneresti con Zilia?
Kanich. Ah, lo volesse il Cielo!
Deterville. Lo puoi sperar, se ’l brami: Zilia ed Aza contenti
Sposi già son.
Rigadon. Sposati?
Deterville. Lo saranno a momenti.
Rigadon. Pria che fra noi seguire veggansi nozze tali,
Fate che il Peruviano vi dica i lor natali.
La Corte n’è informata; e in parte a noi lontana
Andran, se si congiungono, a vivere all’indiana.
Deterville. Perchè?
Aza. (Già lo previdi).
Zilia. Quai novelli perigli?
Rigadon. Su via, in coscienza vostra dite di chi son figli.
(a Kanich
Kanich. Signor, d’Europa il rito ho già nell’alma impresso.
ad Aza
Deggio svelar che siete nati d’un padre istesso:
Approvami tai nozze dal Peruvian costume,
Ma son nozze vietate degli Europei dal Nume.
Zilia. Kanich, ah che dicesti? Ciò sarà ver, signore?
ad Aza