Aza il Ciel mi destina, Aza sarà il mio bene.
Parmi di sentir gente. Ah Deterville sen viene.
Deterville. Sarete alfin contenta.
Zilia. Non sarò tal, signore,
Finché rasserenato non vegga il vostro cuore.
Deh, la virtù s’impegni...
Deterville. Di tal virtute ormai
Intesi il labbro vostro a ragionarmi assai.
D’altro si parli. È vero, che Aza giustificato
Sia da voi compatito, sia come prima amato?
Zilia. Aza è fedel. signore; Aza veder io spero...
Deterville. Basta così. È egli vero che ancor l’amiate?
Zilia. È vero.
Deterville. Barbara! in faccia mia la man voi gli darete?
Zilia. Quando ciò vi dispiaccia...
Deterville. Sì, contenta sarete.
Scarso piacer per voi sarebbe il caro sposo,
Senza mirar le smanie d’un misero geloso.
Mi voleste presente alla mia morte istessa.
Sì, vi sarò.
Zilia. Signore.
Deterville. Tacete. Aza s’appressa.
Zilia. Deh per pietà...
Deterville. No, Zilia; tempo non è di pianto.
L’alma rasserenate al vostro sposo accanto.
E se la mia presenza molesta a voi si vede.
Pensate che voi stessa mi tratteneste il piede.
Ah, perché non lasciarmi cercare altro destino?
Zilia. Ah, perchè far venire Aza a me da vicino?1
Deterville. Rimproverate un’alma della virtute amica!
Zilia. Ah signor, perdonate; non so quel ch’io mi dica.
- ↑ Nella ristampa torinese e nell’ed. Zatta: Aza or a me vicino?