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LA PERUVIANA 303
Povero Deterville! perdute ha le speranze.

Mi fa pietà davvero. Ei per dolor s’uccide,
E Zilia fa le grazie col Peruviano, e ride.
Aza però non pare allegro come lei;
Pochissimo contento rassembra agli occhi miei.
Può darsi per natura ch’ei sia di rider privo,
Ma affé, questo sarebbe un natural cattivo;
Come quell’altro ancora dello Spagnuol stizzoso
Che a ogni picciola cosa vuol far il puntiglioso.
Benedetti i Francesi: in questa patria mia
Regna il vero buon gusto, la vera leggiadria.
Stimasi il sesso nostro senza caricature;
Attenti nel servire, ma senza seccature.
E più d’ogni altra cosa, quel che alla donna piace,
Vivono e lascian vivere, e godono la pace.

SCENA VI.

Zilia e la suddetta.

Zilia. Aza, grazie agli Dei, si è alfin rasserenato,

Mostra aver dal suo seno ogni timor scacciato.
Per carità, Serpina, non ti stancar, ti prego;
Scorgo da quel che hai fatto, quel che sai far, nol nego;
Mi troverai discreta, se viveremo insieme;
Ma l’attenzion dei servi in questo dì mi preme.
Serpina. Signora, comandate.
Zilia.   Vorrei che accomodata
Bene la stanza fosse, che ad Aza è destinata.
Sia rilucente il suolo, sia spiumacciato il letto,
S’unisca al sopraccielo l’indiano tornaletto;
Coltrice ricamata1 di sete a noi straniere
Copra di rose sparse lenzuola ed origliere;

  1. Ed. Pitteri: riccamata.