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282 ATTO QUARTO
Andai per ritrovarlo, come d’andarvi ho in uso,

Pel buco della chiave spiai ch’egli fremeva;
Ehi, se volete ridere, sentite che diceva:
Sia maladè... quel punto, ch’io vidi... signor sì;
E maladè... quel giorno, ch’io son venuto qui.
Cospetto... cospettone... (oimè, mi fé’ tremare)
Con colei voglio dire, con colui voglio fare.
Sia maladè... quel foglio, e quel che l’ha mandato.
Possa portar il diascane colui di mio cognato.
Rigadon.   Così dicea?
Pasquino. Così. Signor, saper vorrei:
Chi è suo cognato?1
Rigadon.   Io sono.
Pasquino.   Mi rallegro con lei.
Rigadon. Parla così di me?
Pasquino.   Ditemi un’altra cosa:
Del padron la sorella, ditemi, di chi è sposa?
Rigadon. (Non sa di più il ragazzo. Della consorte mia
Che vorrà dir?) Lo sposo non ti so dir qual sia.
Pasquino.   Sarà un uomo cattivo.
Rigadon.   Perchè?
Pasquino.   Dai labbri sui
Tutto il mal che può dirsi, sentito ho a dir di lui:
Ch’è un avaro, indiscreto, vecchio di mala grazia,
Che il Cielo a lei l’ha dato per far la sua disgrazia.
Che il diamine a Parigi per tentazion mandollo,
E che pregava il Cielo ch’ei si rompesse il collo.
Rigadon. Ha dett’altro?
Pasquino.   Non so, perchè la cameriera
Che non mi può vedere, che è femmina ciarliera,
Ha detto alla signora ch’io stava in un cantone;
Ed ella m’ha scacciato, m’ha dato un mostaccione.
Rigadon. Valla a chiamare, e dille che adesso venga qui.

  1. Così nelle edizioni Pitteri e Pasquali. Nell’ed. Zatta è stampato: Così, signor, Saper vorrei — Chi è suo cognato.