Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1927, XXIV.djvu/279


LA PERUVIANA 275
Poi me il Ciel per te fece, te per me fece il Cielo.

Anche il mio Deterville1 sa che in vano sospira.
Aza. Chiami tuo Deterville?
Zilia.   Sì, come è tua Zulmira.
Aza. (Se noto non mi fosse il cuor suo, temerei).
Zilia. (D’Aza mio la virtute distrugge i dubbi miei).

SCENA VII.

Pierotto e detti.

Pierotto. Signora, una parola.

Zilia.   Che bramate? È il fattore, ad Aza
Pierotto. Deggio darvi una lettera per parte del signore, piano
Zilia. Datela pur.
Pierotto.   Sentite: di darvela ho il divieto
In presenza di lui. Leggetela in segreto.
Zilia. Bene, la leggerò.
Pierotto.   Ma da voi sola.
Zilia.   Bene.
Aza, ritorno a voi. Leggere mi conviene.
(si ritira un poco leggendo
Aza. (Qual gelosia le vieta legger sugli occhi miei?)
Pierotto. Signor, mi vi protesto buon servitor.
Aza.   Chi sei?
Pierotto. Si vede che venite dall’Indie del Perù;
In Francia non si pratica a favellar col tu.
Aza. Chi se ne duol, sen vada.
Pierotto.   Detto per me non l’ho.
(Quel muso non mi piace; s’ei resta, io me ne vo).
Aza. (Zilia si turba. Ah temo che Deterville crudele
Non principii a chiamarla).
Zilia.   (Ah stelle! Aza è infedele).
Pierotto. (Par che s’oscuri il tempo; di qua e di là mi pare
Che a minacciar principii qualche burrasca il mare).

  1. Così è stampato, qui e nel verso seguente, in tutte le edizioni.