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262 ATTO SECONDO
Amerà ch’io vi stimi1 l’uom di virtù seguace.

E voi che di virtute le tracce ognor seguite,
Deh nel miglior dell’opra il cuor non avvilite.
Deterville. Zilia, al timor lontano rimedio è la speranza;
Manca la speme, e cresce il duolo in vicinanza.
Aza è a Parigi. In breve vedrollo a voi vicino.
Voi sarete sua2 sposa. Deciso è il mio destino.
Che da me più volete? che fin sugli occhi mia
Vegga il rival felice? Vederlo io non potrei.
Se ho da morir di duolo, meglio è per voi ch’io vade
Lungi a morir da queste sì barbare contrade.
Zilia. Deh per pietà restate, nulla per me faceste,
Se in sì fatal momento cuor di lasciarmi aveste.
Duolmi del dolor vostro, ah non so dirvi quanto!
Credasi il mio dolore al testimon del pianto.
Deterville. Bella, piangete?
Zilia.   È vero.
Deterville.   Per me?
Zilia.   Per voi, crudele.
Deterville. Zilia, mi amate voi?
Zilia.   Sono ad Aza fedele.
Deterville. Ah da qual fonte adunque esce quel pianto amaro?
Zilia. È da un dover spremuto, che troppo tardi imparo.
Or mi sovvien que’3 primi dolorosi momenti,
In cui fissai ne’ vostri i miei lumi innocenti.
L’ora fatal sovvienmi, in cui del vostro cuore
Bella4 pietate umana interpretai l’amore.
Ma che saper potea vergine appena nata,
Nel regal tempio al Sole a servir destinata?
Io del Perù la lingua, voi l’Europea parlando,
Coi sguardi e con i cenni ci andavamo5 spiegando;
Ma l’ignoranza mia che i sguardi mal intese,
Secondandoli forse il vostro foco accese.

  1. Ed. Zatta: ch’in voi stimi.
  2. Ed. Zatta: la.
  3. Ed. Zatta: de'.
  4. Così nella ed. Pitteri e nelle ristampe di Bologna. Nelle edd.i Pasquali e Zatta e nella ristampa di Torino si legge: Della.
  5. Ed. Pitteri: s’andavamo.