Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1927, XXIV.djvu/265


LA PERUVIANA 261
Vorrei colle mie mani dare alla casa il loco;

Ch’altro ho di bene al mondo fuori della ricchezza?
La moglie non mi piace, mi sfugge, e mi disprezza.
I figli sono pesi, che giorno e notte io provo.
I parenti non curo, amici non ne trovo.
Il vino non m’alletta, mangiar mi piace poco;
Non ballo, non vo a spasso, non fo all’amor, non gioco.
L’oro sol mi diverte, l’oro mi piace solo;
Quando accrescerlo posso, mi nutro e mi consolo.
Odio chi me lo scema; odio perfin la moglie:
Non est amicus noster, chi il nostro ben ci toglie. parte

SCENA IX.

Monsieur Deterville e Zilia.

Zilia. Ah no, signor, fermate.

Deterville.   Lasciatemi partire.
Zilia. Dove andar destinate?
Deterville.   Da voi lungi a morire.
Zilia. Fermatevi un momento, prima uditemi almeno.
Deterville. Più che con voi qui resto, più mi tormento e peno.
Zilia. Questa impazienza nuova, questo novel tormento,
Come in voi a tal segno cresciuto è in un momento?
Sono diversa forse da quel che vi son stata?
Parvi che ai doni vostri sia divenuta ingrata?
No, Deterville pietoso, no, non si scorda il cuore,
Le prove generose d’un magnanimo amore.
Son per voi quel ch’io sono, lo vedo e lo confesso.
Lo dissi al mondo tutto, lo dirò ad Aza istesso.
Egli da’ labbri 1 miei saprà le grazie vostre,
Nè mai potrà vietarmi che grata a voi mi mostre.
Giuro che se lo sposo mi desse altro comando,
Mi sdegnerei con esso al vostro cuor pensando.
Ma lo conosco appieno, di ciò non è capace;

  1. Ed. Pitteri: labri.