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256 ATTO SECONDO
Ch’ei perduto non si era, ch’egli regnava ancora.

“Possano le tue lacrime, Zilia, di cui mi duole,
“Possano dissiparsi, come rugiada al sole:
“Possan le tue catene, di cui soffri gli errori,
“Cadute a’ piedi tuoi, possan cangiarsi in fiori:
“E da que’ fior dipinto sia l’amor mio fecondo,
“Più vivo di quell’astro, che li ha prodotti al mondo.
“Cessi, Zilia, il tuo pianto; Aza respira ancora.
“Ciò basta, onde sii certa, che il tuo fedel ti adora.
“Ha fra i disastri il Sole il nostro amor provato;
“Rassicurati, Zilia, ei lo vuol coronato.
“Vedrò la mia diletta, vedrolla a faccia a faccia,
“Dalla prigione oscura volare alle mie braccia;
“Qual colomba innocente dal cacciator fuggita,
“Lieta ritorna al campo alla compagna unita.
“Vedrotti nel mio seno deporre i tuoi dolori,
“Cercar il tuo ristoro, riaccendere gli ardori.
“E quei che miei nemici, che tuoi tiranni or sono,
“Ti porgeran la mano a risalir1 sul trono.
“Adorabile Zilia! luce degli occhi miei,
“A rendermi la vita ti mandino gli Dei.
“Possa dell’Indie nostre l’ali prestarti il Nume,
“A me giunger tu possa, come del lampo il lume.
“Mentre il mio cor più ratto, che non è lampo istesso,
“Vola a Zilia adorata, ogni momento appresso.
Or che direte?
Celuna.   Il pianto mi traeste dal cuore.
Zilia. Parvi che da una sposa meriti fede e amore?
Celuna. Vedesi nel suo foglio l’anima sua dipinta;
Merita che l’amiate, lo veggo, e son convinta;
Ma a Deterville 2, per cui siete felice appieno,
Voi non direte, ingrata, me ne dispiace almeno?
Zilia. Ah sì, sperar nel mondo perfetto ben non lice;
S’egli mi amasse meno, sarei troppo felice.

  1. Ed. Pitteri: rissalir.
  2. Nel testo è stampato: Detervill.