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242 | ATTO PRIMO |
(dà alcuni fiori a Collina
Serpina. Ah sì, la mia padrona il mio buon core accetta:
Anima generosa, che siate benedetta!
Voi meritate di essere servita come va,
Voi che solete i poveri trattar con carità.
Se avessi i fior recati a chi ha superbia in petto,
O non li avrebbe presi, o presi con dispetto;
Che noi, povere serve, siamo da certe tali
Trattate come fossimo bestiaccie irrazionali.
Chi serve si consola, se trova un po’ d’amore.
Che siate benedetta, ve lo dico di cuore. parte
SCENA VI.
Zilia, Cellina, poi Pierotto.
Per altro siam lo stesso nel grembo e nella cuna;
E chi aggravar lo stato de’ miseri procura1,
Abusa della sorte, e insulta la natura.
Cellina. Lodo la virtù vostra... Ecco il fattor.
Pierotto. Signora,
Pierotto vostro servo vuol inchinarvi ancora.
Il mio padrone amabile a voi mi ha destinato,
E in ver di grazia tale gli son molto obbligato;
Mentre, benché io sia rozzo, villano, antico,
So conoscere il buono, e son del bello amico.
Zilia. Non lo capisco. (a Cellina
Cellina. Ei scherza, è un uom d’antica età,
Che suole onestamente scherzar con libertà.
Goder de’ suoi concetti suole il germano mio.
Zilia. Favellate, buon vecchio, voglio godervi anch’io.
- ↑ Nelle edd. Pitteri e Pasquali, qui e sempre: proccura.