Da voi sono acquistati per Zilia Peruviana.
Deterville. Sì amico; a voi, che avete mia germana in isposa,
Essere non dovrebbe cotal novella ascosa:
Ella vi avrà pur detto...
Rigadon. No, non mi ha detto niente.
Della consorte mia non sono il confidente.
Poco parliamo insieme; se avvien che a lei mi appressi,
Si parla di tutt’altro, non parliam d’interessi.
Deterville. Spiacemi di sentirvi con lei sì poco in pace.
Rigadon. No, di ciò non mi lagno. Sto ben quando si tace.
Amo la solitudine; mi piace il mio riposo:
Non sono i fatti altrui di saper premuroso.
Ma questa volta in vero curiosità mi sprona.
Perchè la Peruviana far di tutto padrona?
Accordo, che abbia in lei grazia, virtù e bellezza;
Concedo ch’ella meriti di star con morbidezza;
Ma parmi troppo, amico; tra i stabili, e il lavoro,
Tra i mobili, e i serventi, voi spendete un tesoro.
Pensar dovreste ai figli, che un giorno aver potrete;
E i figli miei ci sono, se voi non ne volete.
È ver, che vostra suora molto non sta con me;
Ma in meno di quattr’anni già me ne ha fatti tre.
Deterville. Sicura è la sua dote, niun può rimproverarmi;
Pur, perchè v’amo e stimo, vogl’io giustificarmi.
Vi narrerò la storia, che pria fa di mestieri
Essere a voi palese.
Rigadon. L’udirò volentieri
Deterville. Note saranvi, amico, le varie e varie imprese,
Che del Perù in più tempi scopersero il paese,
E che i Spagnuoli furo gli uomini fortunati,
Che han quei popoli Indiani scoperti e soggiogati.
L’ultima lor conquista fu Manco-capo, in cui
Saziò colle ricchezze ciascuno i desir sui;
Ma fra le ricche prede, la preda lor più bella,
Zilia fu, Zilia nostra, vaghissima donzella.