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da una assai vasta lettura. Aveva una memoria eccellente, e rendeva buon conto di tutte le produzioni teatrali e di (sic) romanzi. Era capace d’amicizia, d’animo disinteressato e benefico. Se non fosse stata d’una vivacità di sentimento che talvolta la rendeva imprudente nel parlare, se non avesse aderito con facilità a tutti i consigli di qualche persona incautamente prescelta, sarebbe stata donna senza difetti” (nota edita dal Carducci, Il Parini maggiore, in Opere, Bologna, Zanichelli, vol. XIV, p. 211. Ne’ quattro anni che le fu assiduo amico, cioè dal 1751, come pare, al 1755, da lei confessava di aver appreso a conoscere “la bella letteratura francese”. Egli a sua volta “sul principio del 1754” le “inspirò il pensiero” di tradurre il teatro comico di Destouches (pag. 116 del presente vol.; cfr. Bianchi, l. c., pag. 62 e P. L. Ferri, Biblioteca Femminile Italiana, Padova, 1842, pp. 262-3); e la versione fu lodata dai giornali del tempo (vedi, per es., le Memorie per servire alla storia letteraria, Venezia, nov. 1754 e maggio 1755). Celebrò la Duchessa nel 1755 l’abate Pietro Chiari nella epistola martelliana con la quale dedicava a Midonte Priamideo, ossia al Verri, la Filosofia per tutti, lettere scientifiche in versi martelliani; ma deriso poi dal Verri stesso, si vendicò nel tomo IV del romanzo intitolato la Filosofessa Italiana, aggiunto nel 1756. La Serbelloni, cioè “madama Brescol, assistita nel gran lavoro dal suo servente il Sign. de la Reve”, è chiamata filosofessa “da scherzo” che “per aver materia da scrivere va a caccia d’avventure; e per trovare delle avventure va sempre a caccia d’amanti. Bisogna dire, che non sappia farsi amare niente meglio di quello che ella sa scrivere” insinua l’abate libellista “perchè gli amanti non le durano una stagione, e le memorie sue sono sempre finite, e si ricominciano ogni giorno da capo per migliorarle” (parte 11a, art. X). Il Goldoni la lodò anche nella prefazione della Donna volubile (t. VIII, 1755, delle Commedie, ed. Peperini: v. vol. VI della presente ed., pag. 357) e con un’epistola martelliana le dedicò nel 1756 una Raccolta di poetiche composizioni (ed. Venezia, 1757) per le nozze del duca Alessandro Ottoboni, nipote di Maria Vittoria, e della nobildonna veneziana Lucrezia Zulian (vedi F. Colagrosso, Un’usanza letteraria in gran voga nel Settecento, Firenze, Le Monnier, 1908, p. 112 e sgg. e A. G. Spinelli, Gli amici del Goldoni a Milano, in numero unico Pel 2° Centenario della nascita di C. G., pubblicato a Milano dal Teatro A. Manzoni, 25 febbr. 1907. pp. 26-27). Inoltre nel 1755 lo stampatore Francesco Pitteri di Venezia a lei dedicò le anonime Censure miscellanee sopra la Commedia, scritte contro l’abate Chiari da Stefano Sciùgliaga di Ragusa, che fu poi amicissimo del Goldoni.

Il Parini “entrò in casa Serbelloni a pena prete, nel ’54” dice il Carducci (I. c., pag. 18), quale precettore de’ figliuoli, e restò presso la Duchessa ancora due anni dopo che quelli erano passati al collegio imperiale (l. c. pag. 24), cioè fino all’autunno del ’62: non senza dispetto del duca Gabrio. Non sappiamo se l’abate brianzolo osasse sollevare i suoi grandi occhi neri in volto alla Duchessa. Certo uscì di quella casa dopo il famoso schiaffo della bollente Duchessa alla figlia del Sammartini, quando già rugumava nella villeggiatura di Gorgonzola gli sciolti del Giorno. Acuti dissidi fra donna Vittoria e don Gabrio erano scoppiati nel ’56, forse in quel tempo che la