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opinioni; onde io che avevo un motivo più forte degli altri per poterla più esattamente giudicare, trattandosi di costumi orientali, la volli con infinita attenzione sentire. L’intreccio fu di mio genio, poiché vi trovai dell’ordine e della concatenazione, quantunque qualche episodio fosse superfluo. Circa il costume persiano, ché di volerlo rappresentare questa fu l’idea dell’autore, oh qui per Dio ci trovai dei radeghi non pochi. Da infinite persone fu chiesta la mia opinione; e come la mia sincerità e pura verità mi hanno suggerito, non ho mancato certamente di notificarla a chiunque” (v. Baccio Ziliotto, C. G. e l’Istria, in Palvese, 24 febbr. 1907). Forse per questo, dopo lungo ondeggiare, prendeva parte nel gennaio seguente per il Chiari: “lo finalmente mi son dichiarato per Chiarista” (I. c.).
Più spassionato, per quanto lo consentivano i tempi, si mostra l’anonimo autore delle Osservazioni critiche sopra le commedie nuove fatte dalli S.ri Goldoni e Chiari in quest’anno 1754 (edite in Appendice da G. Ortolani, Della vita e dell’arte di C. G., cit.: dal detto cod. Cicogna). Anche costui confessa:
L’é stada una Comedia, che ha fatto del gran chiasso,
Che gà molto de bon, che a mi no m’ha despiasso...
Là gran decorazion, là scena bella immobile,
I abiti alla Persiana, vestiario ricco e nobile.
Sto far straordinario a molti gà incontrà,
Se sa che qua in Venezia piase la novità.
Ma l’anonimo non si lascia abbagliare da simili incanti.
No la m’ha incontrà tanto perchè ghò visto drento
Certe cossette improprie, che m’à lassà scontento.
Enumera tali difetti. Prima di tutto
Una schiava in la Persia tanto arrogante el fa
Che al so Patron contrasta la Sposa che i ghe dà...
Trova però, come anche il Baffo, qualche attenuante.
E vero che so fio ghe voi tanto gran ben
Che supera a una schiava l’amor che ghe convien;
Ella che lo conosce, la vede che l’è al caso,
El gà della passion, la ’l mena per el naso.
Ma insomma
El pensar de Persiani dal nostro è differente.
Anche quella sposa Fatima
L’è savia e l’è prudente, la gà tanta umiltà
Che temo che in la Persia i ghe diria viltà.
E poi troppa erudizione fuori di posto:
Insegnar costa sia el caffè a un Persian,
L’è istesso che insegnar i risi a un Venezian.
Perfino Machmut, quando corregge il figlio, ha la pazienza di spiegargli quale pena gli darà. Ma una colpa più grave rischia di commettere il Goldoni nell’offendere la morale.
De Curcuma in la parte, a dirvela qua schietta,
Ghe xe qualche parola che xe licenziosetta.
L’autor forsi dirà: Curcuma mi l’ho fatta
Per che ghe vuol qualcossa, che cava la risata.