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Teatrale Ital., pp. 13 sgg.). Al desiderio e all’attività dell’uomo europeo sempre più angusti parevano i confini del vecchio continente: i viaggi, le esplorazioni, le descrizioni de’ paesi, le intere raccolte di viaggi popolarmente narrati, gli studi e i testi di geografia, le mappe sciolte, o riunite col pomposo titolo di atlanti, crescevano, si moltiplicavano, si diffondevano dall’uno all’altro periodo del secolo decimcttavo. Nessun lembo del suolo terrestre voleva restare oscuro alla conoscenza. E però il teatro compiva a modo suo l’ufficio sociale, obbedendo alla legge stessa del romanzo (Della vita e dell’arte di C. Gold., Venezia, 1907, pp. 72-73).

Ma l’Oriente e il verso martelliano non bastavano a un trionfo sicuro: dietro l’esempio degli Spagnoli, degli Inglesi, ma specialmente dei “Francesi moderni”, come afferma nella prefazione (v. a pag. 121), pensò il nostro avvocato veneziano di introdurre nella commedia la passione. Ricordate le parole di Voltaire al signor Farkener, in testa alla Zaira? e quelle che scriveva nel ’32 all’amico Formont? Un po’ di passione non poteva disconvenire neppure alla commedia, purché si evitasse il pericolo di cadere nel genere eroico, come nel Seicento: e la passione avrebbe trascinato il pubblico.

Con tali infallibili mezzi, abilmente usati, il Goldoni riportò la desiderata vittoria, forse al di là della sua stessa speranza. Per qualche tempo a Venezia fu un vero delirio. La nuova attrice Caterina Bresciani, dalla “bella voce sonora”, fu una terribile e irresistibile Ircana. Ebbe i suoi applausi perfino la cinquantenne Teresa Gandini (Fatima). Piacque l’Angeleri nel personaggio di Osmano. Ma grandissime risa strappò Pietro Gandini nelle parti caricate della vecchia Curcuma. Per trentaquattro sere, trionfo inaudito, si susseguirono le recite (v. lettera di dedica, pag. 115). I versi della Sposa Persiana si ripeterono a memoria per la città, si trascrissero nei palchetti: corsero in giro miserabili copie e infelici frammenti manoscritti della commedia: si stampò, dicesi a Napoli, un’edizione piena di spropositi, che penetrò di furto sulle lagune (v. pref.). Fra quelli che più calorosamente battevano le mani, incontriamo il nobiluomo Giorgio Baffo, che fu poi ammiratore e partigiano fanatico del Chiari.

Cito sta tal Comedia, per ch’ho da far con vu,
     E questa è el vostro Nume, che no se va più in su:

gli diceva in tono di rimprovero il giovine patrizio Ferdinando Toderini (cod. Cicogna 2395, Museo Civico di Venezia, carta 29).

E il Goldoni stesso, con aria più umile, scendendo a difendere dalle critiche dello sconcio poeta vernacolo il Filosofo inglese:

Baso la man che ha scritto, la man che se dà vanto
     D’aver alla Persiana godesto, e sbattù tanto (I. c., carta 3).

All’Apologia del Dottor C. Goldoni replicò subito con una Risposta, pure in distici martelliani, S. E. Baffo (ed. da C. Musatti, che la tolse dal cod. Correr 349, in Rivista Teatr. Ital., a. XIII, fasce. 6, nov. - dice. 1914. Io riferisco fedelmente dal cit. cod. Cicogna):

Sento ch’el se stupisse che mi sia andà ogni sera
     A la Sposa Persiana e po ho voltà bandiera;

ma come avrebbe trattenuto il proprio entusiasmo?

La Commedia Persiana xe piena d’accidenti,
     Ghe xe i gran bei caratteri, e tutti concludenti.