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194 ATTO QUINTO
Tamas, pien di furore, nella mia stanza è entrato.

Le pentole m’ha rotto, e tutto ha rovesciato.
Ircana. Tamas adunque infido, per soggezion d’Osmano,
Strinse la sposa al seno? strinse a colei la mano?
Curcuma. E di più vi direi qualche altra bella cosa;
Ma sotto queste spoglie sono ancor vergognosa.
Ircana. Vadasi.
Curcuma.   Non per questo s’ha da fuggir, mia cara,
Ma per quel sciropetto, che Osmano vi prepara.
Tamas vi ha liberata, ma tal prodezza è questa,
Che al giovine imprudente costò quasi la testa;
E se nol difendeva Fatima col suo petto,
Andava il meschinello a ritrovar Maometto.
Ciò lo commosse alquanto, l’ira calmò nel cuore,
Per Fatima provando pietà, se non amore.
Ma i vecchi indemoniati, contro di voi feroci,
Vi voglion stritolare, come si fa1 le noci;
Onde, se non fuggite, Tamas è già perduto,
E perderete il resto, senza sperare aiuto.
Ircana. Partir senza vendetta? Ah questa è maggior pena
D’una barbara morte, d’una crudel catena.
Curcuma. Se di vendetta un giorno poteste lusingarvi,
Io stessa vi direi: pensate a vendicarvi;
Ma se diventa Osmano vostro signor, cospetto!
Ha un ciglio rabbuffato, ha un ceffo maledetto!
E voi, che di natura siete delicatina,
Vi manda all’altro mondo senz’altra medicina.
Ircana. Fuggasi, giacchè il fato ha tronca ogni speranza:
Ecco l’indegno frutto di soverchia baldanza.
Era pur meglio in pace, di Tamas mio signore
Colla novella sposa goder diviso il cuore.
Ah no: lo dissi, il dico, e l’ho fissato in mente,
O sola, o abbandonata, o goder tutto, o niente.
Ah maledetto il punto, che qui Fatima venne!

  1. Ed. Zitta: fan.