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186 ATTO QUARTO
O di un giovine a fronte, il codardo timore?

Osmano. Giuro a Maccon! 1 tai onte ha da soffrire Osmano,
Che ben dodici volte fe’ fuggir l’Ottomano?
Che fin su le pendici del Caucaso gelato
Frenò l’Indica gente, lo Scita ha debellato?
Odimi, figlia, e mi oda quel che ami a suo dispetto;
Dei seguaci di Marte l’onore anima il petto.
Mia figlia più non sei, se la mia gloria oscuri.
Se l’onte e le minaccie del genitor procuri.
E se non sei più figlia, odio la tua pietade,
Il sesso non rispetto, non rispetto l’etade.
L’ira, l’onor m’infiamma, tra gli insulti infierisco;
Parti, resta, frapponi, nulla mi cal, ferisco.
(s’avventa contro Tamas
Fatima. Oimè! (sviene, e cade sui guanciali dove prima si è seduto Alì
Osmano.   Sei tu ferita? morta sei tu caduta?
Tamas. Nè spenta, nè ferita; è pel timor svenuta.
Osmano. Mirala, cuor di tigre, mirala in quale stato,
La misera è ridotta per uno sposo ingrato!
Ohimè, che una tal vista l’alma mi opprime a segno,
Che ho i spiriti confusi fra l’amore e lo sdegno.
Mira un padre avvilito dall’amor d’una figlia.
A te qual nuovo eccesso la crudeltà consiglia?
Stupido la rimiri? nè men cerchi un’aita
Per ridonarle i spirti, per richiamarla in vita?
Perfido, se ti cale ch’ella ti lasci, e mora,
Svenala, scellerato, svena suo padre ancora.
(getta la spada 2
Tamas. Di sangue non mi pasco, non son disumanato,
Non odio che me stesso, io sono un disperato, parte
Osmano. Fatima, figlia: oh Numi! conosco or come fura
Tutti gli affetti a un padre l’affetto di natura.
Ecco la mia figliuola, eccolo il mio tesoro.
Gente, aita; chi porge a Fatima ristoro?3

  1. Così il testo.
  2. Ed. Zatta: sciabla.
  3. Ed. Zatta: il ristoro?