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158 | ATTO SECONDO |
Quando ho lo sdegno in viso, tu me lo vedi in faccia;
Se mi conosco offesa, dubbio non vi è che io taccia:
Palese è il mio disdegno, palese è la vendetta,
Chi simula e non parla, tempo e comodo aspetta.
Fatima è mia nemica, lo so, non mi lusingo;
Ella di amarmi finge, io l’odio, e non lo fingo.
Tu, se di lei ti cale, vibrami un ferro in petto,
E se di me d preme, scacciala a suo dispetto.
Tamas. Vedila, Ircana, almeno; odi parlar quel labro.
Ircana. Misero! Ti ha incantato la bocca di cinabro?
No, vederla non voglio.
Tamas. Dunque...
Ircana. O Fatima, o io
Fuori di queste mura, o fuor del mondo. Addio.
parte
SCENA XI.
Tamas solo.
Oltre del proprio foco non ode altra ragione.
Dunque, per compiacerla, crudo sarò a tal segno;
E del mio amore in vece, Fatima avrà il mio sdegno?
Ma se d’amor col manto l’odio nel sen coprisse?
Fatima è donna... e donna l’altra è pur, che lo disse.
E la ragione istessa, che fa temer di quella,
Può rendermi d’Ircana sospetta la favella.
No, per sei lune avvezzo è il mio cuore ad amarla,
Nè aver mentito un giorno poss’io rimproverarla.
Questa mi ha date prove certissime di fede;
Fatima è dolce in viso, ma il cor non le si vede.
Potria mentir; ma intanto, la scaccierò? Non deggio.
La torrò meco? O Dio!1 Perdersi Ircana io veggio.
- ↑ Ed. Zatta: Oh Dei!’.