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LA SPOSA PERSIANA 153
Fatima. Ditemi: quante schiave Tamas ha in suo potere?

Curcuma. (Principia dalle schiave), (da sè) Dieci ne suole avere.
Fatima. Son belle? son vezzose?
Curcuma.   Oibò, non ve n’è alcuna,
Che delle grazie vostre possa vantarne una.
Fatima. Però non mi crediate soggetta a gelosia:
Codesta in un serraglio sarebbe una follia.
Curcuma. Certamente. (con ironia
Fatima.   Ma pure bramo sapere anch’io,
Qual sia la più diletta, fra voi, del signor mio.
Curcuma. Vi dirò: veramente ha per me qualche affetto,
Ma statene sicura, non abbiate sospetto.
Se meco qualche volta accendersi lo veggo,
Gli batto su le mani, lo sgrido e lo correggo.
Fatima. Nè per il grado vostro, nè per la vostra etade,
Si può temer.
Curcuma.   No, dite perchè amo l’onestade.
Fatima. Tamas non ha di voi chi più gli punga il cuore?
Curcuma. Eh disgraziato! Basta; no vuo’ darvi dolore.
Fatima. Via, lo so; d’una schiava egli è perduto amante.
Ditemi, come ha ricco di grazie il bel sembiante?
Curcuma. Eh! mi fareste dire; con voi, la mia fanciulla,
Le grazie di colei non vagliono per nulla.
Avete, gioja mia, un viso che innamora,
E alle mie mani poi sarà più bello ancora.
Di lisci e di pomate io son maestra antica,
Tutte per farsi belle mi vorrebbono amica.
Fatima. Sinora io non usai, sien brutte o tieno belle,
Su queste guancie mie di mascherar la pelle.
Lo farei, se credessi di render più gradito
L’infelice mio volto agli occhi del marito;
Ma inutil la bellezza, inutile è l’amore.
Con un che ad altra amante abbia donato il cuore.
Curcuma. Proviam?
Fatima.   No; non mi piace.