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150 ATTO SECONDO
O se beltà più vaga v’abbia ferito il petto.

Tamas. Fatima, non lo niego, a forza i’ son marito;
Questo sen, questo cuore, è ver, fu già ferito.
Pregai che in libertade fosse di noi la mano,
Per mio, per vostro bene; ed il pregar fu vano.
Il genitor meschiando le lusinghe all’impero,
M’empiè l’alma di foco, di speranza il pensiero.
Sperai ne’ vostri lumi trovar cotal valore,
Che avesse a mio dispetto ad involarmi il cuore;
E mi credei, che il danno di perdere il mio bene
Costar non mi dovesse tanti sospiri e pene.
Vi scopriste, v’ammiro: bella e vezzosa siete;
Ma cancellar quell’altra dal cuor non mi potete.
Fatima. Nè cancellarla io spero, nè in me vuo’ che si dica,
Che in vece d’una sposa, trovaste una nemica.
Ma di me sventurata, signor, che sarà mai?
Tamas. Fatima, non so dirlo; ancor non ci pensai.
Fatima. Sposi noi siamo, è vero, ma niun de’ nostri petti
Può esaminar gli ardori, può discoprir gli affetti.
Celisi in faccia al mondo, che il volto mio vi spiace;
Io soffrirò che amiate la mia rivale in pace.
Tamas. Bella virtù, che merta amante a voi più grato!
Fatima, lo confesso, compiango il vostro stato;
Poco chiedete in premio d’un cor di virtù pieno,
E il poco che chiedete, posso accordarvi almeno.
Fatima. Misera me! Vorreste col rossor d’un rifiuto
Rendermi d’una schiava vergognoso tributo?
Che gelosia le puote rendere una consorte,
Fra tante e tante donne rinchiuse in queste porte?
Teme che io le comandi? Non lo farò, il prometto.
Ha timor che io l’insulti? No, le userò rispetto.
La servirò, se lice servire ad una moglie,
Senza oltraggiar l’amato signor di queste soglie.
Che vuol di più? Lo dica; farlo vi do parola.
Tamas. Gelosa è del cuor mio; brama regnarvi sola.