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148 ATTO SECONDO
Se il figlio mio non langue tosto che può mirarti,

Usa di sposa amante i vezzi, i sguardi e l’arti.
Soffri da prima il gelo, e lo vedrai fra poco
Ardere ai tuoi bei lumi, ardere al tuo bel foco.
Vietare io non potrei, per legge o per costume,
Ch’egli non rimirasse di qualche schiava il lume.
Ma spero, e lo vedrai, che sol di te contento,
Ogni straniero foco nel suo cor sarà spento.
(Fatima si va contorcendo
No, non ti dia ciò pena. Fatima, tel prometto
Che t’amerà; sii certa; eccolo il giovinetto.
Sola con lui ti lascio; scopriti, e lo consola;
Fagli gustar il dolce di qualche tua parola.
Se un dardo da’ tuoi lumi entro il suo cuor sia spinto,
Fatima, non temere, egli ti adora, hai vinto, parte

SCENA V.

Fatima sola.

Misera me, che sento? Qual rio serpe geloso

Prevenuto ha il momento da scoprirmi allo sposo?
Negletta s’io mi vedo per una schiava audace,
Come tacer penando? come soffrirlo in pace?
E se un divorzio ingrato mi torna al genitore,
Qual menerei mai vita tra il dispetto e il rossore?
Ah mi lusingo ancora! Eccolo: giusti Dei,
Piacessi agli occhi suoi, come egli piace ai miei.

SCENA VI.

Tamas e detta.

Tamas. (Eccomi al gran cimento. Ah quel ch’io temo in quella,

È che d’Ircana sia più vezzosa e più bella;
E tanto in lei sorpassi beltà, grazia e costumi,