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BELISARIO 85
Narsete. Tempo non è di più celarti il vero;

Or vuole il ciel che il traditor si scopra.
Fu Teodora che a me stesso impose
Di dar morte ad Antonia. Io per sottrarla
Dal periglio fatal, fuor di Bisanzio
Destinava condurla, e già nel porto
M’attendea corredata amica nave.
Fra l’ombre della notte Antonia meco
Guidai di furto, e in questa sala appunto
Crudel vi fu che contrastomm’il passo;
Involommi la donna, e con il brando
Obbligommi al cimento. Io caddi, e intanto
Venne Antonia involata. Io non so quale
L’assassin fosse, e dov’ella condotta
Dirti non so. La seguitai; ma in vano.
Più non la vidi. Or ella dica il resto.
Giustiniano. (Cieli! che ascolto mai?) Tu come in queste
Spoglie ti trovi?
Antonia.   Strascinata a forza
Fui da ribaldi, e verso il mar sembrava
Che volesser condurmi. Alzai le strida
Quanto forte potei. Chiedea pietade
Ai tronchi, ai marmi; e inutilmente il pianto
Sulle gote scorreami. Ecco mi veggo
Presso Filippo e il traditor conosco
Autor del ratto. Colla spada in mano
Sollecita la fuga ai masnadieri.
Ma sien grazie agli dei, sorpresi furo
Da un drappello de’ tuoi che minacciosi
Vennero addosso ai scellerati; ed essi
Non pensar che a fuggir. Filippo stesso
Fu obbligato a salvarsi. Io restai sola;
Errai fra l’ombre, e mi guidò il destino
Sullo spuntar del giorno all’umil tetto
Del vecchio Elpin, di cui la moglie il latte