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78 | ATTO QUARTO |
Ultime voci mie, serbale in mente.
Teodora è un’infedel. Ella ha saputo
Render reo l’innocente, ingiusto il giusto,
Io son quel, tu sei questo. Altro non dico.
Cesare, addio. Al mio supplicio io vado;
Che dolce mi sarà perdere gli occhi
Per non mirar mai più mostro sì fiero.
(parte fra le guardie
SCENA VI.
Giustiniano e Teodora.
Ragionar d’un ribaldo avrebbe mai
Forza di screditar la fede mia?
Io traditrice? Ah! se nel tuo bel core
Di me qualche sospetto or ti rimane,
Aprimi questo seno, e in lui vedrai
Quant’amor, quanta fede a te riserbo.
Giustiniano. Perdonami, Teodora, questo tuo
Importuno timor te stessa offende.
M’è nota la tua fede; e sol tu sei
L’unica del cor mio pace beante.
Teodora. Sa il ciel quanto mi duol di Belisario...
Giustiniano. Ohimè! che al replicar di questo nome
Tutta l’alma si scosse entro al mio seno;
Che sarà mai?
Teodora. L’orror del suo delitto,
L’onor tuo vilipeso, il tradimento
D’un ingrato vassallo, è la cagione
Della interna mozion. (Ah non vorrei
Che fosse di pietà tenero effetto!) (da sè