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538 ATTO QUINTO
Della vostra saggezza. Ei prima offende

li suo benefattor. Genero vostro
Ormondo non rispetta. Ah, dal virgulto
Si conosce la pianta; e se per tempo
Non si svelle dal suol, cresce molesta.
Oggi però ad un sol colpo vedrassi
Una falce tagliare il tristo ramo1.
(entra nel suo appartamento

SCENA IV.

Leonzio, poi Matilde dal suo appartamento.

Leonzio. Ah preveggo pur troppo alte ruine!

Vien l’infante don Pietro, e guida seco
E per terra e per mar falangi armate;
Irritata è Costanza; il popol tutto
Mormora del Monarca. Egli non pensa
Che alla sua debolezza. Ah tutto questo
S’unisce a danno suo...
Matilde.   Deh padre amato,
Che fa il mio sposo? È in libertade, oppure
Ha il piè cerchiato ancor dalle catene?2
Leonzio. (Non s’affidi il segreto ad una3 donna).
Chiuso è in carcere ancora. Al nuovo sole
L’avrete in libertà. Ma sperar posso
Che v’accenda per lui fiamma d’amore?
Matilde. Egli è lo sposo mio, perchè temerlo?
Leonzio. Chiari segni finor da voi non n’ebbe.
Matilde. Posso sentir amor, e non mostrarlo.
Leonzio. Ma ciò non basta ad uno sposo amante.
Presto, Matilde, a respirar andrete
Un’aura più felice. In mezzo a tante

  1. Bett.: Uditemi, Leonzio: Oggi può darsi, — Ch’una falce recida il triste ramo.
  2. Bett.: Soffre ancora il destin delle catene?
  3. Bett.: a mobil.