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528 ATTO QUARTO
Enrico.   Così ho risolto.

Prima non esca a riveder la luce,
Che la luce novella il sol ne porti.
Leonzio. (Non s’irriti soverchio un Re sdegnato).
Adoro in ogni guisa il regal cenno.
Enrico. Ciò non basta però. Voglio che Ormondo
Da Palermo sen vada; e qui non torni
Senza l’ordine mio.
Leonzio.   Peggior del male
Sarà il rimedio. Da prigione oscura
All’esilio passar proprio è de’ rei.
Perchè tal si condanna un innocente?
Enrico. È sempre reo chi il suo Monarca offende.
Leonzio. Involontaria offesa non è colpa.
Enrico. Nè l’esilio sarà per lui di pena.
Io gli darò d’una città il governo.
Leonzio. M’accheto a una tal legge. Il Ciel pietoso
V’illumini, o signor; dagli occhi vostri
Tolga la nera benda, e puri e chiari
Vi presenti gli oggetti. All’amor mio
Permettete, signor, cotesto sfogo.
Rammentate che i Re soggetti sono
Dell’eterno Monarca al sommo impero.
Dalla legge civil, divina e umana,
Non esenta il diadema; anzi, chi il cigne,
Coll’esempio insegnar le deve altrui.
Falso è il dire: A chi regna, il tutto lice;
Non lice al Re ciò che la legge offende.
(parte per la porta comune