Leonzio. Sol qui venite
Allor qnuando partito è il vostro sdoso?
V’era pena il vederlo? Ah voi, Matilde,
Voi del regno sarete la ruina,
Voi d’eterno rossor a un padre afflitto1.
Matilde. Numi! per qual cagion? Non basta dunque
Soffocar i sospiri? Il facil pianto
A forza trattener? Contro me stessa
Tiranna trionfar? Darmi a uno sposo
Per altrui compiacenza? Oh Dio, che mai,
Per sicurar della sua pace il regno,
Per ubbidir del genitore al cenno,
Si vuol da me?2
Leonzio. Rasserenata in volto
Veggavi il vostro sposo. All’amor suo
Con amor rispondete; i dolci amplessi
Alternate con esso; e oprate quanto
Basta a trargli dal seno i suoi sospetti.
Matilde. Che può mai sospettar?
Leonzio. Molto a ragione3
L'odio vostro comprende. Egli paventa
D’alcun rivale. Già l’incauto Enrico
Venia poc’anzi, e sulla vostra soglia
Scontrollo Ormondo...
Matilde. Ah che mai dite? Oh Cieli!
S’accostava l’indegno alle mie stanze?
Che pretende da me? Forse infedele
Seguita ad4 ingannarmi? Un nuovo oltraggio
È questo all’onor mio... Tutto di sdegno
Sento avvamparmi5 il sen.
- ↑ Bett.: Voi sarete il dolor di questo regno, — Voi sarete il rossor di vostro Padre.
- ↑ L’ed. Bett. aggiunge: Celar in petto — La più forte passion? Darmi a uno sposo — Sol per voi compiacer? Tanto non basta — Per sicurar della sua pace il Regno, — Per venerar del Genitore il cenno? — Leonzio. Tanto non basta ancor. Serena in viso — Veggavi il vosto sposo ecc.
- ↑ Bett.: Molto, e a ragione.
- ↑ Bett.: seguitar a ecc.
- ↑ Bett. accendermi.