“Due figli di Manfredi, Enrico e Pietro,
“Degni ne sono; e d’essi eleggo il primo.
“Dunque Enrico sia Re, purchè non sdegni
“L’unica figlia mia Costanza in moglie.
“Ricusando un tal nodo, abbia don Pietro
“Con tal condizion la sposa e il regno.
“Ruggiero”.
Enrico. (Oh Dei, che sento!)
Costanza. (Oh me felice!)
Leonzio. Ecco amici, il Re nostro. A lui palese
Feci di già del testator la legge;
Non ricusa eseguirla, anzi sospira
Alla figlia di lui, che Re lo fece,
Grato porger la destra.
Costanza. (Io non sperava
Tanta felicità).
Enrico. Leonzio, (oh numi!)
Sovvengavi del foglio, che segnato
Diedi in man di Matilde. (piano a Leonzio
Leonzio. Eccolo, o Sire.
Illustre principessa, il vostro sposo,
Popoli, il vostro Re, di propria mano
Questo foglio soscrisse. Udite come
Generoso prevenne i vostri voti:
“Per quanto di più sacro ha il cielo e il mondo,
“Giuro sposar Costanza. In questo foglio
“Abbia la fede mia”.
(Suonano gli strumenti. Il Re scende agitato dal trono. Tutti s’alzano.
Popolo. Viva il Re nostro.
Costanza. Or che, vostra mercè, Sire, poss’io
Libera favellar, pubblico rendo
Quell’ardor che per voi celava in petto.
Sì, mio caro, v’amai. Tutti i miei voti
Si formavan per voi: sian grazie ai numi.