Se Costanza, ch’è pur l’unica figlia
Dell’estinto monarca, avesse il dritto
Di far il Re, com’in più regni è l’uso,
Voi, lo giuro, il sareste, e avrei la gloria
D’esser vostra compagna in quella guisa
Ch’or vantarmi poss’io vostra vassalla.
Enrico. Principessa, comprendo in tali accenti
La vostra inclinazion. So che non merto
Tanta bontà; pur l’aggradisco, e bramo
Corrispondervi1 ancor. Rispetto in voi
Di Ruggiero la figlia, illustre figlia
Di colui che me scelse al regal trono;
Costanza. Questi titoli, o Sire, in me non spirano
La vanità che voi creder mostrate2.
Altro è, di cui mi pregio: il tempo forse
Vi dirà quel che i’ taccio.
Enrico. (Assai comprendo
Anco quel che non dice).
Leonzio. Al trono, o Sire:
S’avanza il dì.
Enrico. Diano le trombe il segno.
(Al suono di trombe va il Re in trono, e tutti sedono a’ loro posti. Costanza s’asside vicino al trono. Leonzio s’alza da sedere per leggere il testamento del Re defunto.
Leonzio. Monarca eccelso, principessa illustre,
E voi primati, e voi guerrieri invitti,
Dell’estinto Ruggiero udite i cenni.
Questa pria di morir carta mi diede3,
Ed io, gran cancelier di tutto il regno,
Frango il regio sigillo, e a voi l’espongo.
Ecco le note sue: “Morir non deggio
“Senza lasciare un successore al regno.
“Privo di figli son, non di nipoti.
- ↑ Bett.: corrisponderle.
- ↑ Bett.: a me non sono — Di tanta vanità, qual vi pensate.
- ↑ Bett.: ecco il decreto. — Questo pria di morir diede in mie mani.