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dere: non ci commuovono le adulazioni alla repubblica di S. Marco (atto V, sce. 3), nè il piano di studii del giovinetto Ruggiero (atto I, sc. 2) che è poi quello de’ giovani patrizi veneziani, nè certe massime ora audaci e pariniane |(“I tuoi natali - Son della sorte un dono ecc.”: I, 2), ora ortodosse (“Del re l’aspetto ecc.”: I, 3), ora, senza volere, ridicole (“Fedeltà ne’ congiunti è strana cosa”: V, 2): a noi, tardi lettori di un diverso periodo storico, manca il respiro in quello squallore poetico, dove periva miseramente il genio creativo del Goldoni. E ci avviene di pensare se non fosse poi un’opera d’arte più viva il Rinaldo che i comici recitavano a braccia, sia pure con molte “improprietà” e con molte “indecenze”. Ma il pubblico umile e ignorante del teatro di S. Samuele fece buon viso al Rinaldo nuovo, quantunque in luogo del mantello “stracciato” dell’eroe, e delle “pentole” d’Arlecchino, e dei diavoli del mago Malagigi, trovasse degli endecasillabi zoppicanti e monotoni che scambiava per versi.

Nelle Memorie italiane il Goldoni afferma che la commedia “ha incontrato moltissimo” (vol. I di questa ed., p. 124); in quelle francesi dice che fu applaudito meno del Belisario e del Don Giovanni; e si duole che fosse stampato (partie I, ch. XL). Certo fu recitato anche dopo l’ suino comico 1736-37. Ricorda il Bartoli nelle sue Notizie istoriche de’ Comici Italiani (Padova, 1782, t. II, p. 268) che il capocomico Onofrio Paganini nel 1747 a Padova dedicò il seguente sonetto all’attrice Maddalena Vidini per la sua bella interpretazione del personaggio di Armelinda:

Benchè a lui che la Gallia e il mondo onora
     svelar non osi il concepito affetto
     per il zelo d’onor che nutre in petto,
     tacita amante il gran Rinaldo adora;
pur nel silenzio istesso è bella ancora,
     e dimostra l’ardor nel cor ristretto.
     Pietà desta in altrui, gioja e diletto,
     e quanto tace più tanto innamora.
Tenti Fiorante ogni lusinga e frode,
     per oscurar della gran Donna il nome,
     che ancor cattiva ha la sua gloria a core.
L’Eroe difende, e con vergogna e orrore
     de’ perfidi german trionfa, e gode
     aver lor forze indebolite e dome.

Ma presto le recite si diradarono o cessarono del tutto. Si legge nei Notatorj del Gradenigo, in data 16 febbraio 1736, che nel palazzo Zaguri, a S. Maurizio, si recitava da alcuni giovani nobili La Onorata Povertà di Rinaldo, ma sembrerebbe, dal titolo, piuttosto del Cicognini che del Goldoni. Nel carnevale del 1786 pare si volesse recitare nel teatrino del conte Prospero Ranuzzi a Bologna. Il marchese Francesco Albergati, a cui si fece richiesta del libretto, rispondeva: “Il Rinaldo di Montalbano del Goldoni finora da me non trovasi, e credo veramente che non esista stampato. Tutta volta farò nuove ricerche ” (lett. al Dott. Gabussi, in data 4 febbr.: in Collezione Tognetti, cartone III, presso la Biblioteca Comunale di Bologna). Eppure fin dal 1774