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NOTA STORICA
Nell’ottobre del 1736 il dottor Goldoni, guarito del vaiolo che lo aveva colpito a Genova, faceva ritorno a Venezia, accompagnato dalla novella sposa, Niccolina Connio; e andava poco dopo ad abitare in Salizada a S. Lio. Il buon esito ottenuto dal Don Giovanni, o come lo chiamarono i comici di S. Samuele, dal Convitato nuovo, lo indusse a cercare un altro argomento caro al popolo, fra quelli maggiormente strapazzati dagli attori a braccia, per dargli veste più decorosa; e scelse la Povertà di Rinaldo (vedi le sue memorie italiane nel I vol. della presente ediz., pp. 123-4). - Da un poema di Francesco Tromba (da Gualdo di Nocera) intitolato la Trabisonda “nella quale se contiene molte battaglie, con la vita e morte di Rinaldo”, stampato la prima volta a Venezia nel 1518, due anni dopo la prima edizione del Furioso, e ristampato poi molte volte, tolse Lope de Vega la ispirazione per una comedia, recitata dentro il secolo XVI: Las pobrezas de Reinaldos. Del dramma spagnolo si impadronì sulla metà del secolo XVII Giacinto Andrea Cicognini e ne fece uno dei suoi mostri teatrali, cioè un’opera scenica dal titolo L’honorata povertà di Rinaldo: che il Goldoni fin da fanciullo doveva aver letto nella più recente edizione veneziana del Lovisa (1704).
Di questo rifacimento italiano così giudicò di recente uno studioso, Guelfo Gobbi: “La grandezza dell’eroe principale, il popolare Rinaldo, le sue sventure, le sue prodezze, la sua magnanimità e le sue tenere affezioni famigliari che rifulgono in Lope nonostante quel disordine che giustamente rileva il Menéndez, tutto è impicciolito nelle scene italiane dalla vicinanza esuberante e petulante di altri personaggi. Accanto ai famosi tipi che Lope ha tratti dalla leggenda, serbando loro nomi e caratteri, il Cicognini ha messo quei soliti personaggi a lui tanto cari, che ci ricompaiono omai dinanzi in ogni produzione. Non si chiamerà più Piccariglio, si chiamerà Pulcinella, si chiamerà Tartaglia, come in questo caso, e saremo sempre tra le vere maschere, ed il loro linguaggio basso, triviale, e la loro inframettenza in tutti i momenti ed in tutti i luoghi sarà sempre la stessa” Le fonti spagnole del teatro dramm. di G. A. Cicognini, in (Biblioteca delle Scuole Italiane, a. XI, n. 18, 30 nov. 1905, p. 222). Ma un’altra opera in prosa, che s’intitola pure L’Onorata povertà di Rinaldo, ovvero la Virtù trionfante (Reggio), per Prospero Vedrotti, 1679) viene ricordata nella Drammaturgia, Allacci (ed. 1755), di Luca Raimondi reggiano.
Dal Cicognini derivò il canovaccio di cui ci parla il Goldoni, che serviva alle recite dei nostri vecchi attori e che andò perduto. Lo portò in Francia il celebre Lelio, Luigi Riccoboni, correggendolo forse un poco a suo modo, e lo recitò una volta sola, il 6 aprile del 1717 a Parigi, sul Teatro Italiano: ma non lo accolse con favore il pubblico di quella capitale, seb-