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BELISARIO 41
Quest’è la fé promessa? Ti scordasti

De’ giuramenti tuoi? ma che mi lagno
Di lei che me non cura? è il mio destino
Che d’un sì bell’amor mi rende indegno.
Ma che farò? vederla? Ah! che non degna
D’udir mie voci. Tacerò? D’amarla
Ben poco mostrerei, s’io non parlassi.
Consigliatemi, stelle. Ah! che far deggio?
Sì, sì, l’ingrata abbia in un foglio almeno
I rimproveri miei. Con più coraggio
Seco mi lagnerò. Ma non si offenda
Con ingiurie il mio bene; ancorchè infida,
Merta dall’amor mio tutto il rispetto.
Guardie, scrivere io voglio. Alma, coraggio.
(gli vien recato da scrivere
Aita, o dei! Bella crudel. Crudele
Meco fosti pur troppo. Sì, il bel dono
Di baciarle la man pria di morire
Chiedasi almeno: se d’amarmi sdegna, (scrivendo
Non ricusi d’udirmi... Almeno sappia,
Che al mio rival salvai la vita... Amore,
Tu seconda il disegno. Amico, reca (ad una guardia
Questo foglio ad Antonia. Ah! voglia il fato,
Che d’aprirlo non sdegni. Oh dei! sen viene;
E mi sembra sdegnata. Il foglio ad essa
La guardia presentò. Non ho coraggio
D’avventurarmi al dubbioso incontro. (parte

SCENA VIII.

Teodora e Antonia.

Teodora. Un po’ più di rispetto al mio comando.

Antonia. Di che mai ti quereli? in che mancai?
Dacchè in Bisanzio ritornò il mio bene,
Una volta lo vidi; e tu che fosti