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RINALDO DI MONT'ALBANO |
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Gl’inimici nel piano; alla pendice
S’avviar del monte, ed io fui il primo
A salir quei dirupi, e ad affrontare
Il torrente nemico. Intimoriti
Da sì strano valore, i Saraceni
S’avvilirò, tremar, preser la fuga,
E giù del monte rotolando in fretta,
Si ritirar nel loro campo a’ piedi
De’ Pirenei sovra terreno ibero.
Noi li seguimmo coraggiosi, e mentre
Scendeva io stesso alla nemica parte,
Tra cespugli trovai ferita e lassa
Donna in spoglia viril: figlia era questa
Dell’African Monarca, ed è colei
Che altrimenti vestita a voi cattiva
Per ostaggio guidai. Scender io feci
Tutta l’oste di Francia, e agli Africani
Presentai la battaglia. Essi non tardi
Incontraro il cimento: era al meriggio
Vicino il sol, quando a pugnar principio
Da noi si diede, ed all’occaso giunse
Pria che cadesse il militar furore.
Sopravvenne la notte e l’Africano
Primo fece suonar della raccolta
L’usato segno. Io dalla pugna i miei
Desister comandai, perchè più franchi
Fossero al nuovo dì, recando agli empi
L’ultimo strazio. Ah! qual restai, Signore,
Nel rimirar delle milizie vostre
Il numero scemato, e tal che appena
Azzadarsi potea contro una parte
De’ feroci nemici! Agli occhi miei
Questo solo pensier, togliendo il sonno,
Tutto oppresso mi tenne. In oriente
Rosseggiava l’aurora, ed invocati