Di viltade mai più. Giurai silenzio,
L’osserverò; ma non tornate, o Gano,
A fidarvi di me.
Gano. Di tal mercede
Pagate, ingrato, chi desia salvarvi?
Rinaldo. Pago con tal mercè chi col pretesto
Di salvar la mia vita, oscurar tenta
La gloria mia, che più di vita estimo.
Sì, comprendo l’idea; complice, indegni,
Mi vorreste degli empi agguati vostri
Contro il tradito Re; difenderollo
Anzi, quanto potrò: non mi sperate
Flessibile a promesse, ed a spaventi
Meno costante. I dei proteggeranno
L’infelice monarca, a cui faceste,
Perfidi Maganzesi, il fiero incanto.
Conosceravvi un dì.
Gano. Su via, svelate
Dunque a Carlo l’arcano, i miei disegni
Procurate scoprirgli; io di mendace
Accusarvi saprò.
Rinaldo. No, scellerato:1
No, mostro d’empietà, non dubitate,
Che giuramento io tradir voglia. A Carlo
Util sarò, senza voler spergiuro
Violar a’ sagri dei la fè giurata.
Ah! verrà un dì, che vendicar potendo2
L’onta del mio Signor, contro di voi
Scaglierò l’ira mia: sì, verrà un giorno
Ch’io struggerò questo perverso germe,
Sì funesto alla Francia.
Gano. Ah pria che giunga
Questo terribil giorno, annichilato
- ↑ Nelle edizioni del Settecento si trova stampato per lo più scelerato.
- ↑ Nelle edizioni del Settecento è stampato pretendo.