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388 ATTO SECONDO
V’odia, sì ve lo giuro. Ah! ricevete

Da un amico l’avviso. Ecco la prova
Del fatal odio suo; coglie pretesti
Perfidi sì, ma sufficienti a farvi
Reo nel cuor de’ Francesi. Ad un monarca
Fede chi niegherà?
Rinaldo.   Ma se giovasse
A Carlo il mio morir, che costerebbe
Senza tanti riguardi a lui mia morte?
Gano. Perdonatemi, amico. Ah voi non siete
Bastantemente nella scuola istrutto
Della Corte malvagia. Avventurarsi
Carlo non vuole a qualche strano evento,
Contro sè concitando i vostri amici,
Che il numero maggior fan del suo Regno.
Convincerli desia: reo vuol che siate
Per poter condannarvi, e il nome intanto
Di tiranno evitar. Rinaldo, io parlo
Con il cuor sulle labbra. Ah! rinnovata
Di Nerone l’età veggo in costui!
Placido, grato, umil, Carlo sinora
Fu co’ sudditi suoi: or che sicuro
Nel suo soglio si crede, opprime, insulta,
Vuol regnar da tiranno. In voi ritrova
L’ostacolo maggior. Sa che voi siete
Delle Gallie l’eroe. Teme scoprirvi
Gli arcani del suo cor. Pensa per tanto
Togliere in voi chi degl’indegni eccessi
Potria farlo arrossir. Tutta Parigi
Incomincia a tremar. Non son sicure
Le vergini, le spose, i sagri templi
Più sicuri non son. Deh, voi che siete
La difesa, il sostegno, il fregio, il core
Della misera Francia, a lei togliete
Il periglio maggior, nel suo tiranno.