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RINALDO DI MONT'ALBANO 367
Donato fu di Mont’Albano il forte

Agli avi miei. Povero è il sito, è vero:
Ma pure è mio; vostro sarà sin tanto
Degnerete gradir l’offerta umile.
Avvisata è Clarice: io nel Castello
Entrar non vo’, poichè a momenti attendo
Quivi il mio Re. (si cala il ponte
Armelinda.   Veggio calare il ponte...
Vien ella forse?
Rinaldo.   Ah! Sì, vien la mia sposa,
E seco il caro figlio. O dolci oggetti
Del tenero amor mio! Tutto mi sento,
Tutto il sangue in tumulto. Ah! si raffreni
L’impeto della gioia: anche l’affetto,
Benchè giusto e innocente, ha i suoi confini.
Armelinda. (Che sublime parlar! Merta Rinaldo
Della terra l’impero). (a parte
Rinaldo.   Ad incontrarla
Permettete ch’io vada.
(Escono dalla porta Clarice e Ruggiero: Rinaldo va ad incontrarli.
Armelinda.   È giusto: andate.
Infelice Armelinda! A qual destino
Mi preservano i Dei? La patria, il padre,
E quant’altro lasciai, non è l’estrema
Delle perdite mie: perduto ho il core.
Rinaldo mel rapì: ma pur degg’io
Dissimular cotanto ardore. E vano
Il lusingarsi: egli è marito; adora
La fedele consorte: a me non resta,
Che un avanzo infelice di virtude
Per coprir il mio fuoco: i Dei pietosi
Non mi rendano cieca: a poco a poco
Sento che la virtù vado perdendo.