Infelice cotanto: avrete solo
Cangiato cielo, e non fortuna: in Carlo
Avrete un regio padre, in me un amico,
In Clarice mia moglie una compagna,
Tutti impegnati a rendervi contenta.
Serenatevi ormai.
Armelinda. Prode Rinaldo,
Molto vi deggio, il so: le mie catene
Voi rendete leggiere; in Carlo io spero
Un re clemente; nella Francia io trovo
Il giardin della terra: ma due pegni
Cari troppo al cuor mio lasciai fra l’armi:
L’uno è il mio genitor, l’altro è il germano.
Rinaldo. Li rivedrete in breve. A lor lasciai
E vita, e libertà; sapete voi
S’era in mia man l’avergli o schiavi, o estinti.
Rispettai il loro grado: alle proposte
Di pace m’arrestai: voi trasportata
Da soverchio valore, e in poter giunta
Dell’armi vincitrici, io guidai meco
Sol per ostaggio; della pace i patti
Carlo soscriverà: voi tornerete
Consolata e felice al patrio regno.
Armelinda. M’affido in voi: tanta virtù comprendo
Dal vostro cuor, che il diffidar sarebbe
Troppa ingiustizia. Ov’è la vostra sposa?
Conoscerla vorrei, vorrei prestarle
Quell’omaggio1 che merta una consorte
Dell’illustre Rinaldo.
Rinaldo. Ella dovrebbe
Tardar non molto ad incontrarci. E quegli
Che vedete colà sovra quel colle
Il mio povero albergo. Sin dai primi
Francesi re della seconda stirpe,
- ↑ Nelle antiche stampe: Quel omaggio.