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NOTA STORICA


Nel 1896 un giovane eruditissimo, Arturo Farinelli, stampava nei fascicoli 79-81 del Giornale storico della letteratura italiana (A. XIV, vol. XXVII, fasc. 1, pp. 1-77 e fascicoli 2-3, pp. 254-326) uno studio dotto e sagace, col modesto titolo di Note critiche, sulla leggenda e sulla fortuna di Don Giovanni, cogliendo l’occasione da un saggio pubblicato nel 1894 da F. De Simone Brouwer (Don Giovanni nella poesia e nell’arte musicale. Storia d’un dramma, Napoli, Tip. R. Università, pp. 139) che nel ’97 rispose con alcune Osservazioni ed appunti (Ancora Don Giovanni, in Rassegna Critica della lett. it., A. II, 1897, pp. 56-66 e 145-165). Alcuni anni dopo, nel 1906, Georges Gendarme De Bévotte, seguendo la traccia storica del Farinelli, pubblicava un bel volume sulla Légende de don Juan, son évolution dans la littérature, des origines au Romantisme (Paris, Hachette) che ristampò alquanto abbreviato nel 1911, aggiungendovi però un secondo volume sullo svolgersi della leggenda dal Romanticismo ai giorni nostri (La légende de don Juan, son évolution dans la littérature du Romantisme à l’époque contemporaine, Paris, Hachette). Abbastanza dunque si è scritto su questo famoso eroe (si consulti ancora Farinelli, Cuatro palabras sobre “Don Juan” y la literatura donjuanesca del porvenir, in Homenaje a Menéndez y Pelayo, I, Madrid, 1899 e altri autori citati da L.-P. Betz, La littérature comparée, essai bibliographique, Strasbourg, Trübner, 1904: v. indice, Don Juan; e P. Toldo, L’oeuvre de Molière etc., Turin, 1910, p. 93 n.; e la Bibliographie di De Bévotte in La légende de Don Juan, 1906 e la Liste des Don Juans e le note bibliografiche nel 2.° vol. del 1911).

Il Farinelli e il De Bévotte sono concordi nell’escludere che il primo creatore del fortunato personaggio, ossia l’autore del Burlador de Sevilla y convidado de piedra (stamp. la prima volta nel 1630), attingesse alla storia o alla leggenda: ma così il De Simone Brouwer come il De Bévotte concludono con ottime ragioni che patria di don Giovanni fu veramente la Spagna, non già il settentrione d’Europa, come sospettò il Farinelli. Che il Burlador sia del monaco Gabriele Tellez, detto comunemente Tirso de Molina, come vorrebbe la tradizione, o non sia, come crede il Farinelli, non sappiamo bene (su questo aut. si vedano cenni bibl.ci di Ces. Levi, in Riv. Teatr. It., 1 genn. 1912). Qualcuno, anche in tempi non lontani, l’attribuì a Calderon, e a Calderon l’attribuiva il Goldoni; ma la più parte degli storici della letteratura italiana seguono fedelmente la tradizione (così, per es., Fitzmaurice Kelly). De Bévotte distingue nel Burlador due parti dissimili: la prima è “una banale commedia d’amore di cappa e spada; la seconda un dramma religioso patetico” (l. c., ed. 1911, pag. 37). Quanto al don Giovanni spagnolo, non è propriamente un vizioso, ma piuttosto un incostante, “leggero e frivolo”, sul