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DON GIOVANNI TENORIO 339

SCENA IV.

Don Alfonso, Don Giovanni e guardie.

D. Giovanni. (Or sì che l’arte por in uso è duopo).

D. Alfonso. Voi siete quel signor, che mal vantate
Di cavaliero l’onorato fregio.
Il Re morto vi vuole ad ogni costo;
Fame vi ucciderà, se non un ferro.
Non vi sarà chi alimentarvi ardisca,
E chi ardisse di farlo, è reo di morte.
D. Giovanni. Ah sì, giusto è il decreto, io lo confesso.
Due delitti ho commessi. Ambi vendetta
Chiedon contro di me; ma se pietoso
Degnerete ascoltarmi, in lor vedrete
Delle mie colpe alleggerirsi il peso.
D. Alfonso. Difendetevi pur, se vi rimane
Ragion di farlo. Che dir mai saprete,
Dopo la vostra confession del fatto?
D. Giovanni. Dirò, signor, che di donn’Anna il volto
M’acciecò, mi sedusse; arsi a quei lumi,
Ed al fuoco d’amor l’altro si aggiunse
De’ copiosi liquori a lauta mensa
Follemente libati. Oh intemperanza
D’alma nobile indegna! Oh trista coppia
Di due perfidi numi, Amore e Bacco!
Arrossisco nel dirlo; e pur degg’io
Non asconder il ver. Nel fatal punto,
Talmente il senso la ragione oppresse,
Che più me stesso ravvisar non valsi.
Ah qual astro crudel partire indusse
L’ospite dalla mensa, e me furente
Solo lasciar di tal bellezza accanto!
L’acceso cuore interpretò l’evento
In favor di sue brame: alla mia pena