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DON GIOVANNI TENORIO | 331 |
Che ti fé’ l’infelice? Ah padre amato,
Questo tenero pianto, il primo ufficio
Sia della mia pietà. Ma da me attendi
La più giusta vendetta. Il Re negarmi
Giustizia non potrà. Servi, l’estinto
Signor vostro dal suol togliete almeno.
(servi portano altrove l’estinto
SCENA V.
Donn’Anna sola.
Del perfido nel sen cuor sì feroce?
La dolcezza dei sguardi, il volto umile
Coprian l’anima indegna. Empio, inumano,
Potea tentar di più? S’er’io men forte,
Che sarebbe di me? Santa onestade,
Quanti hai nemici! In quante guise e quante
Tese insidie ti sono! Oh caro padre,
Tu mi volesti al traditor vicina;
Tu porgesti... Ma no, l’incauta io fui.
Ai primi accenti scellerati, ai primi
Lusinghevoli sguardi, io mi dovea
Colla fuga sottrar.
SCENA VI.
Don Alfonso, il Duca Ottavio, servi e detti.
Voi d’un padre privò, me d’un amico?
Donn’Anna. Un barbaro l’uccise. Il suolo asperso
Mirate ancor del sangue suo; vendetta
Voi chiedete per me.