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330 | ATTO QUARTO |
Perfido, mentitor?
D. Giovanni. Non provocate
Lo sdegno mio.
Commend. Lo sdegno d’un fellone
Facil è provocar.
D. Giovanni. Facile ancora
Mi sarà la vendetta.
Commend. Ah più non freno
L’ira nel petto mio. Del proprio albergo
Non m’arresta il rispetto. Anima indegna,
Quella spada impugnate.
D. Giovanni. Incauto vecchio,
Ti pentirai del forsennato ardire.
Commend. Vieni pure.
D. Giovanni. Son teco. (si battono
Commend. Ahi, son ferito!
Torna, barbaro, torna... Ahi non mi reggo.
D. Giovanni. Quel sangue nel mio sen pietà non desta.
Chi è cagion del suo mal, pianga se stesso, (parte
SCENA IV.
Il Commendatore ferito, poi Donn’Anna e servi.
Seguirlo, oh Dio! col vacillante piede.
Ah ch’io manco, ah ch’io cado! Ah figlia, figlia,
Non m’ascolti? Ove sei? Misera figlia,
Chi avrà cura di te? Numi! Le forze...
M’abbandonano; il cuor manca nel seno.
Tremante il piè... più non sostiene il peso
D’una vita che langue... Oggetti foschi
Mirano le pupille... Io manco... Io moro. (cade morto
Donn’Anna. Eccomi, o genitor... Cieli! Che miro!
Non respira... È già morto. Ah, dov’è l’empio,