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324 | ATTO TERZO |
Resta col tuo dolor, col tuo rimorso.
Se più torno ad amarti, il giusto cielo
Strugga ne’ campi miei la bionda messe,
Vada disperso il gregge mio, nè trovi
Erba che lo satolli, o pur la trovi
Sparsa di rio veleno; ingrata, infida,
Della tua vanità son questi i frutti.
Ch’io ti miri mai più? Se più ti miro,
Chiuder possa le luci al sonno eterno.
Ch’io ti parli mai più? Se più ti parlo,
Arda la lingua mia d’eterna sete.
E se più t’amo, e se d’amor mi senti
Delirare per te, Giove supremo
Con un fulmine suo m’incenerisca. (parte
SCENA XIV.
Elisa sola.
Giove non ode, e van dispersi al vento.
Ne’ miei vezzi confido. Armi son queste
Rade volte infelici. Ha la natura
Di lor difesa provveduti i parti
Della terra e del mar. Diede alla tigre
L’ugna rapace, al fier leon la forza,
Le corna al toro, al corridore i piedi,
I denti al cane, e squamme e gola ai pesci,
E penne e rostro ai volatori augelli;
All’uom diede il consiglio, ed alla donna
I molli vezzi, i dolci sguardi, il pianto.
Fine dell’Atto Terzo.