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312 ATTO TERZO
Contro di voi saria viltà.

D. Isabella.   Se insana,
Se mentecatta io sia, noi lo vedremo
Al paragon dell’armi. O quel tuo ferro
Impugna tosto, o ti trafiggo inerme.
D. Giovanni. (Che risolvo, che fo?)
D. Isabella.   Se cuor avesti
D’abbandonarmi, sarai meno ardito
Nel darmi morte? Ma che darmi morte?
Tu morirai, fellone.
D. Giovanni.   (Eh pera ormai
Questa importuna turbatrice odiosa
Della mia pace). Ecco, la spada impugno:
Voi del vostro morir l’ora affrettate.
D. Isabella. Darà forza al mio braccio il giusto cielo. (si battono

SCENA VI.

Il Commendatore e detti.

Commend. Cavalieri, fermate... Oh ciel, che miro?

Qui don Giovanni? Amico, e quando, e come
In Castiglia giugneste? E perchè mai
Cimentarvi col ferro?
D. Giovanni.   Oh saggio, oh degno
Commendator, di questo regno onore,
Permettete che imprima un umil bacio
Su quella destra generosa invitta.
Commend. Nol consentirò mai.
D. Isabella.   (Qual importuna
Remora ai sdegni miei?)
Commend.   Ma voi sì poco
Fate conto di me? Giunto in Castiglia,
A caso ho da saperlo? E non degnate
Ospite divenir d’umile albergo.